Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
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Locanda del Granchio Rosso

I Racconti

Per la terza volta mi recai dalla Sfinge per interrogarla su una risposta che cercavo da tempo, e per l'ennesima volta venni colto da quella strana ed inspiegabile paura. Non era per la sua figura maestosa nè per quello sguardo cieco che sembrava scrutarmi l'anima, benchè queste furono le cose che mi colpirono quando venni al suo cospetto per la prima volta anni ed anni fa; si trattava piuttosto dell'atmosfera che regna in quel luogo, dell'aria così densa che ne senti il peso addosso, del silenzio talmente profondo che l'unico rumore è quello dei nervi che stridono al più piccolo movimento, di quel ronzio bassissimo e costante, che non è altro che la prova della presenza di un forte campo magico in quell'area.
"Bentornato", disse.
Un brivido mi percorse la schiena, per un istante il sole divenne freddo.
Era immobile, non un millimetro del suo corpo si era mosso.
"So quello che vuoi sapere, ed ho la risposta che cerchi..."
Quella voce lenta e profonda non proveniva dalla Sfinge, bensì echeggiava tutt'intorno a me, come se ella fosse dappertutto e quella statua non foss'altro che la sua manifestazione corporea.
"...ma dovrai prima dimostrarmi di non essere uno stupido curioso."
S'interruppe, ed il silenzio tornò a regnare per minuti infiniti.
Sapevo che questa era una delle prove: la pazienza è una qualità degli uomini di studio. Allora ero giovane, impetuoso e testardo, avevo una smaniosa sete di sapere ed osai metter fretta alla Sfinge, seppur con timore. In tutta risposta ella mi disse: "Il sapere è e sarà sempre più vecchio di te" e si immerse in un silenzio definitivo, nonostante le mie insistenti esortazioni.
Fu una bella lezione, mi insegnò molto...
Ero preso dai ricordi quando mi fece la prima domanda: "Affilata l'una, resistente l'altro: a causa loro il bene ed il male si guardano allo specchio".
"Taliesin e Sunrise" risposi diretto, ricordando le tante leggende sui due fantomatici oggetti.
L'attesa era destinata a divenire sempre più struggente, poichè solo una successiva domanda avrebbe dimostrato l'esattezza della risposta.
Sentivo la pelle bruciare sotto il sole cocente, ma non osavo variare magicamente le condizioni atmosferiche per paura di offendere la Sfinge, nonostante il cielo coperto ed una lieve brezza avrebbero conciliato i miei pensieri. Passai un braccio sulla fronte per asciugare il sudore che scendeva copioso e bevvi un sorso d'acqua dalla borraccia. In quello stesso istante tuonò la voce, e repressi qualche imprecazione quando l'acqua mi andò di traverso provocandomi diversi colpi di tosse. Nonostante ciò provai un certo piacere sentendo che mi veniva formulata una nuova domanda.
"Vi splendono fulgide leggende, ed il tempo non ha mai fine".
E' buffo come proprio io che vado in giro a raccontar leggende, mi ritrovassi in difficoltà su una domanda che riguardasse proprio queste! Una sensazione di panico si insinuò fino a deporre la soddisfazione per la precedente risposta esatta, e cominciai a scavare freneticamente tra tutte le storie che conoscevo, ma senza risultato. Maledissi il sole che mi impediva di pensare in tranquillità e... MA CERTO!
"LA GALASSIA!!!" risposi quasi urlando.
Stavolta ne ero sicuro, non avevo bisogno di aspettare la domanda successiva per sapere che la risposta era quella giusta, avevo solo un lieve timore, consolato dal fatto che mancava un solo quesito e poi finalmente avrei concluso la mia ricerca.
Questa volta stranamente la Sfinge non mi fece attendere molto: "Knar: chi e' costui?".
Fu come se un peso enorme mi cadesse addosso, sentii tutta la tensione e la stanchezza impossessarsi del mio corpo, e scivolai in ginocchio sulla sabbia con lo sguardo perso in quello della statua. Mi parve di vedere un ghigno su quella faccia inespressiva, ed ebbi la certezza che per la seconda volta ero stato preso in giro: così come conosceva la mia ricerca, la Sfinge sapeva a quali domande potevo rispondere. Mi sentii un pupazzo nelle mani del destino, una goccia in un marea di creature prostrate al volere degli dei, illuse di avere libero arbitrio sul proprio futuro.
Appoggiai la mano su un fianco, là dove durante il mio secondo incontro con la Sfinge ricevetti un colpo mortale per aver osato contraddirla, e la cicatrice che avvertii attraverso la maglia mi risvegliò dal torpore in cui ero caduto.
Per la terza volta mi recai dalla Sfinge per interrogarla su una risposta che cercavo da tempo, e per l'ennesima volta me ne andai senza ottenerla.

E ora sono qui, amici miei, per chiedervi aiuto: trovate la risposta all'ultimo quesito della Sfinge, ed io saprò come ricompersarvi.
A presto, e che la sapienza illumini le vostre menti.


Esteban il Bardo


"Ma dove diavolo è finito quel maledetto mantello?" dissi scalzando l'ascia dalla testa dell'ennesima Shadow che mi era comparsa davanti.
Ero davvero infuriato: poche ore prima mi ero coraggiosamente tuffato in un'oscura piscina che si era proditoriamente trasformata in una trappola mortale e, appena uscito dal Purgatorio, ancora gocciolante e bestemmiante, mi ero precipitato alla ricerca di tutti gli oggetti che avevano fatto parte del mio precedente equipaggiamento, perduto ormai per sempre.
Brand, l'anziano Forester che in quel momento mi stava guardando con fare sconsolato, si era offerto di accompagnarmi nel mio viaggio di recupero, prestandomi anche alcuni dei suoi oggetti magici, in modo che potessi portare a termine con successo la mia egoistica missione.
"Proviamo di sopra? Sento la presenza d'alcune Shadow al primo piano." mi fece con fare incoraggiante.
Annuii con un grugnito ed iniziai a salire la scalinata di marmo che conduceva ai livelli superiori; ero sicuro che una delle Shadow che infestavano l'antica dimora, attraverso la quale ci stavamo vanamente aggirando, fosse in possesso di un magico mantello nero, elemento indispensabile per il mio abituale abbigliamento da avventuriero. Purtroppo erano passati molti anni dall'ultima volta che ero entrato in quel castello e non mi ricordavo nulla del luogo, nè tantomeno dell'ubicazione di quell'oggetto; per finire, le sue stanze pullulavano di gargoyle (sapete la considerazione che ho di loro, no?) e ciò m'irritava ancor di più.
Il salone che si parò di fronte ai nostri occhi, una volta giunti in cima alla scalinata, era, pur nella sua vetusta opulenza, ancora maestoso e rimaneva deturpato soltanto dalla presenza di tre pavidi gargoyle che, alla nostra vista, arretrarono intimoriti.
Mi guardai attorno speranzoso, aspettando con ansia l'ululato affamato di una Shadow ma purtroppo niente: anche lì le Shadow scarseggiavano. Aprii stizzito una porta di quercia sul lato nord del salone e, sempre seguito dal silenzioso Brand, mi ritrovai in quello che, a prima vista, aveva tutta l'aria di essere un piccolo tempio: un modesto altare in pietra lavorata, dietro al quale si stava cercando di nascondere l'unico gargoyle presente, era stato posto al centro della stanza.
Anche questa creatura era palesemente spaventata dalla nostra presenza ma, come succedeva solitamente con gli esseri della sua razza, la degnai a malapena di uno sguardo, notando appena i pesanti paramenti che ricoprivano il suo corpo roccioso.
Anche quella stanza era priva di Shadow, così invitai Brand a proseguire la nostra ricerca; sentivo che c'era qualcosa in quel tempio che non andava ma diedi poca importanza a quella mia sensazione: avevo cose più importanti di cui occuparmi!
Brand ed io battemmo ogni stanza del castello con un'assiduità quasi maniacale ma la fortuna non ci arrise: quel mantello non aveva alcuna intenzione di spuntare fuori! Eravamo ritornati mestamente al piano terra e ci stavamo riposando quando finalmente mi venne l'illuminazione; chiesi a Brand di aspettarmi lì e corsi velocemente alla stanza del piccolo tempio. Prima che continui nella mia narrazione, ed affinchè questa possa essere pienamente chiara, dovete però essere a conoscenza di un fatto curioso successo circa un mese fa: Esteban il bardo, figura notissima nelle bettole di Silmaril, aveva chiesto pubblicamente aiuto alla popolazione di Midgaard affinchè gli si portassero urgentemente informazioni su di un certo Knar.
Sapendo come sono fatti i bardi, e sentendo l'agitazione nella voce di Esteban, avevo subito intuito che si trattava di una questione di soldi: probabilmente questo Knar non aveva pagato una scommessa persa o si era rifiutato di saldare un vecchio conto, chissà?
Il fatto era che, pur nella sua furfanteria, Esteban mi era sempre stato simpatico e così mi ero ripromesso di aiutarlo, anche se solo nel mio tempo libero; avevo cercato in ogni angolo di Midgaard, dai negozi alle fogne, arrivando ad osservare perfino ogni quadro o statua per riuscire a trovare un qualche indizio sull'identità o sulle fattezze di questo Knar.
Purtroppo le mie ricerche si erano rivelate infruttuose ed avevo appena iniziato ad allargare le mie investigazioni al di fuori di Midgaard, quando caddi in quella maledetta trappola nella piscina.
Ritornando alle mie vicissitudini, giunsi in un baleno di fronte alla porta del tempio, che aprii con un violento calcio.
Vidi immediatamente ciò che stavo cercando: il gargoyle stava ancora tentando di nascondersi dietro un pesante tendaggio quando lo presi per un orecchio di pietra e lo portai di fronte al piccolo altare.
"Leggimi quell'iscrizione e dimmi se è ciò che penso!" sbraitai.
"Pre... pre... prego nobile signore?" fece la povera creatura spaventata.
"Lì, leggimi quello che c'è scritto lì" gli ripetei, indicandogli la scritta incisa sul fianco dell'altare, quella stessa scritta che, evidentemente, aveva colpito il mio subconscio fin dalla prima volta che ero entrato in quella stanza.
"Beh, c'è scritto... ma è nella lingua dei gargoyle, signor Nano!"
"Non m'importa, mi tradurrai tutta la frase dopo"
Allora c'è scritto: Hail to Knar, ghastly patron of gargoyles"
Un sorriso smagliante comparve sul mio viso inizialmente rabbuiato.
"Traducendo nella sua lingua, signor Nano, credo possa voler significare: Salute a Knar, orribile patrono dei gargoyle"
Sollevai il piccolo sacerdote pietroso e, mettendogli un braccio sulle spalle, gli chiesi in maniera ora più serena: "Knar? Sei sicuro dica proprio Knar?"
"Ma certo, signor Nano, è colui che noi gargoyle adoriamo."
"Allora se l'adorate - continuai pensieroso io - è una divinità?"
"Certamente, signor Nano, è il nostro Dio!"
"E che tu sappia, deve per caso dei soldi ad Esteban il bardo?"
Uno sguardo sbigottito comparve sul muso roccioso del sacerdote.
"Beh, che io sappia..."
"Non provare ad ingannarmi, brutta statua parlante, o ti riduco in frantumi!"
Il colorito grigio roccia del gargoyle si tramutò rapidamente in un marmoreo bianco.
"Sì, sì, signor Nano, è sicuramente in debito con il signore che lei ha appena nominato."
"E di quanto?" dissi minacciosamente.
La creatura atterrita iniziò a frugarsi in maniera frenetica sotto i paramenti, tirandone fuori un sacchetto di cuoio che, precipitosamente, mi porse.
"E' tutto quello che ho" gemette il gargoyle.
Aprii l'involucro e ne vuotai il contenuto sul palmo della mia mano: la bellezza di ventitre monete d'oro luccicava ora sotto i miei occhi.
"Sei sicuro che questi siano i soldi che Knar doveva ad Esteban?"
Il gargoyle annuii più volte.
"Ora capisco perchè quel bardo ha smosso mari e monti! Una vera e propria fortuna in oro!"
"Sicuramente una dimenticanza" rispose imbarazzato il sacerdote.
"Tutto è bene quel che finisce bene; riferisci pure a Knar che il suo debito è stato saldato!"
Riposi velocemente le monete nel loro sacchetto e, dopo aver messo questo nel mio zaino, mi avviai verso la porta, scortato dal gentilissimo gargoyle.
"Sai una cosa? - gli dissi, girandomi mentre uscivo dalla stanza - Forse mi devo ricredere sulla vostra razza: non siete poi così malvagi come pensavo."
Il tonfo della porta del tempio che si chiudeva precipitosamente alle mie spalle, e il rumore di una chiave girata frettolosamente nella sua toppa furono le uniche risposte che ebbi da parte di quel sacerdote gargoyle che, evidentemente, aveva avuto fretta di comunicare al suo Dio l'avvenuto pagamento.
Beh, potevo considerarmi parzialmente soddisfatto, pensai mentre scendevo fischiettando le scale e ritornavo da Brand: non avevo ritrovato il mio mantello ma ero stato capace di scoprire chi fosse quel benedetto (è proprio il caso di dirlo) Knar.
C'era rimasta solo una domanda cui non ero riuscito a dare una risposta: come diavolo aveva fatto Esteban a prestare dei soldi ad una divinità? L'unica cosa saggia che potevo fare a quel punto, era ricordare il consiglio che il mio vecchio padre era solito darmi in casi di questo tipo: "Non ci pensare, sono cose da bardi!".


Telan l'irruento.








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