Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

La resurrezione di Alley Black

di
Phere Telenna


Parte I

Era una bellissima giornata di sole quando Phere Telenna, bellissima elfa scura sacerdotessa della dea Eilistraee, incontrò al Tempio di Midgaard la sua cara amica elfa Galadriell. Anche se appartenevano a razze separate da un profondo odio reciproco, la bontà di Phere e la sua dedizione alla redenzione della propria specie permettevano alle fanciulle di essere grandi amiche. Non avendo nulla di importante da fare, pensarono bene le elfe di andarsene al lago vicino Solace per rilassarsi un poco. Galadriell aveva provvidenzialmente portato con sé il cesto per il pic-nic e, dopo aver mangiato insieme, le due elfe si spogliarono e fecero il bagno nel lago. E cominciarono a parlare del più e del meno, come ci si aspetterebbe da due buone amiche, fino a toccare l'argomento dei fidanzati. Scherzavano le amiche parlando del fidanzato di Galadriell, l'hobbit Sabo, che nonostante la differenza di razza e (soprattutto) di statura era riuscito a conquistare il cuore della bella Galadriell grazie alla propria simpatia, spontaneità e "fascino da intellettuale".
Erano immerse nel lago, e Phere fissava l'orizzonte. In cuor suo invidiava Galadriell: l'amica aveva una persona da amare e che ricambiava il sentimento, mentre lei questa persona l'aveva persa. Presa dal ricordo, si strinse forte all'amica e cominciò a ricordare gli eventi passati... Il suo fidanzato, Alley Black, era morto combattendo contro i drow che seguivano Lolth. Li aveva sempre odiati Alley, ma prima di incontrare Phere il suo era un odio smodato e dovuto soprattutto a quello che aveva subito nel sottosuolo. Ma i lunghi mesi passati in compagnia dell'amata l'avevano trasformato profondamente: un tempo ateo convinto, adesso in cuor suo amava Eilistraee, anche se non l'aveva mai detto a Phere. Non aveva potuto. Ci fu un periodo di lunga assenza di Phere da Silmaril a causa della malattia della madre SiNafay, che aveva portato alla perdita del cucciolo che aspettava. Un grave lutto per Phere che, dopo aver assistito la madre fino alla guarigione, ritornò a Silmaril. La prima persona che incontrò fu Keremath, che l'aveva sempre trattata come fosse una figlia, e lei ricambiava con gioia questo sentimento. Il buon Keremath era anche il "suocero" di Phere ("suocero" perché ancora gli innamorati non erano convenuti a giuste nozze), essendo il padre di Alley Black... aveva però avuto sempre un rapporto conflittuale con il figlio, rapporto che Phere aveva tentato a più riprese di migliorare, ma ottenendo pochi risultati. Keremath abbracciò Phere e la strinse a sé con affetto, ed una lacrima cadde sul collo della drow. Phere non sapeva... non sapeva ancora quello che era successo. L'elfa guardò l'uomo con aria interrogativa... poi, come un dubbio le si insinuò nella mente. "Come sta Alley?" chiese. Gli occhi di Keremath si riempirono di lacrime. "Cosa gli è successo?" chiese Phere preoccupata per la sorte dell'amato. Keremath scosse il capo, dicendo con voce velata dal dolore: "Piccola mia... Alley è caduto in battaglia". In teoria questa non era una cosa irreparabile... bastava che Alley imboccasse la giusta strada del Purgatorio e la Mietitrice l'avrebbe fatto passare per la porta dello stesso anche se era stato ucciso e smembrato, riportandolo a nuova vita. Ma... perché Alley non era accanto al padre? Perché non le era venuto incontro, sapendo del suo ritorno? Insomma... perché la Mietitrice non lo lasciava passare? Phere realizzò che c'era qualcosa di anomalo nella morte di Alley. "E' successo qualcosa di... particolare?". Ormai la voce di Phere era rotta dal pianto e dal dolore. Keremath cominciò a dirle quanto era accaduto: "Pochi giorni dopo la tua partenza – Phere fece mente locale... erano passati due mesi e mezzo dal momento in cui stava facendo il bagno nel lago – Alley si avventurò nel bosco ad est. Mi aveva detto che doveva andare a fare una cosa nelle terre degli elfi scuri, ma non so precisamente di cosa si trattasse. Tieni presente che più volte è sceso nel sottosuolo per tentare di convincere gli altri drow ad uscire, rinnegare il male e costruirsi una vita in superficie... come voleva fare lui con te. Ebbene... credo che stesse andando lì per fare la stessa cosa ma... incontrò una pattuglia di soldati comandati da una sacerdotessa di Lolth. Oramai lo avevano scoperto ed identificato come un seguace di Eilistraee, dato che era stato notato nel sottosuolo dopo i suoi tentativi di fomentare una rivolta. La sacerdotessa ordinò ai soldati di attaccarlo. Alley sorrise e sguainò le sue katane. Pronunciò una palla di fuoco contro il gruppo di assalitori ferendoli, e poi si lanciò in un selvaggio corpo a corpo dove la posta in gioco era la sua vita. Ma... - Keremath cominciò a piangere – alcuni scout l'avevano accerchiato da dietro e... uno di loro lo pugnalò alle spalle con una lama avvelenata. Alley si spense tra mille dolori." Phere era incredula alle parole del suocero, ma... c'era dell'altro, ne era convinta. La loro storia d'amore non poteva essere finita così... Keremath riprese a parlare, stringendo quella che considerava una figlia a sé: "Sono andato personalmente nel sottosuolo in cerca dei suoi assassini. Li ho trovati tutti, i soldati, e li ho massacrati. Poi ho trovato gli scout. Li ho trucidati tutti alla svelta, lasciando quello che aveva sferrato la pugnalata al nostro Alley per ultimo. L'ho interrogato per sapere come mai la Mietitrice non lo lascia passare per la porta del Purgatorio, ed il bastardo mi ha detto che la sacerdotessa aveva lanciato su di lui una maledizione: la sua anima non sarebbe mai più tornata in nessun corpo, né nel proprio, né in un altro. Dalla rabbia l'ho... ti risparmio i dettagli. Uccisi il vile e mi recai nella città degli elfi oscuri. Con la forza mi aprii un varco fin nella dimora della cagna che aveva lanciato il maleficio. Uccisi le sue guardie del corpo con rapidità e interrogai la schifosa. Mi disse che aveva bloccato l'anima di Alley nel Purgatorio. Io... vorrei tanto provare a rimuovere la maledizione ma... non so da che parte cominciare. Non conosco nulla di magia, Dei, maledizioni... non so cosa fare." Phere e Keremath continuarono a parlare a lungo del passato, di quello che era stato Alley per tutti e due, di come aveva influenzato le loro vite, e di come lo avevano amato. Phere si sentiva molto, molto male e le parole di conforto portate da Keremath servivano a ben poco. Ma fu quello che Keremath aggiunse, a dare alla 'figlia' la forza necessaria per quello che avrebbe fatto in seguito. "Alley, in cuor suo, si era convertito alla tua Dea. Mentre moriva, mi ha raccontato l'elfo che lo ha pugnalato, pregava Eilistraee di accoglierlo fra le sue schiere. Fu questa sua preghiera che spinse la sacerdotessa a maledirlo." Finalmente Phere si accorse di quello che aveva davvero significato la sua presenza accanto all'amato: era riuscita ad instillare in lui quella luce che è fonte di speranza e di salvezza con la sua sola presenza: quella luce chiamata Fede. Alley non era *morto*, come fanno gli animali e i senzadio, pugnalato alla schiena da un vile drow, ma quelle sue parole in punto di morte gli avevano aperto un varco verso la salvezza e la vita eterna. Ma quel varco era stato chiuso da quella maledizione. Ebbene, Phere guardò fisso negli occhi Keremath, e giurò davanti a lui che avrebbe fatto qualsiasi cosa... qualsiasi per far ritornare Alley alla vita, e che finché sarebbe vissuta, i seguaci di Lolth non avrebbero compiuto più neanche un passo fuori dal sottosuolo senza morire all'istante.
Al pensare con insistenza a questi dolorosi ricordi, Phere non poté fare a meno di piangere. Galadriell trasalì nel vedere l'amica sė tanto disperata da piangere in quel modo, ma... in effetti, l'elfa non sapeva che dire. Non aveva capito perché Phere stesse piangendo. Ma, raccogliendo il coraggio, Galadriell strinse Phere a sé e le disse dolcemente "Perché piangi amica mia?". "Piango per l'amore che ho perso... e che non so come recuperare". Phere raccontò tra le lacrime a Galadriell tutta la sua travagliata storia d'amore, fino alla triste conclusione che aveva appena riportato alla mente.
Giungeva nel frattempo anche Nuku in prossimità del lago e, quando vide le amiche fare il bagno, non seppe resistere alla voglia di fare un tuffo anche lei. Si avvicinò rapida alla riva pensando di fare una gradita sorpresa alle amiche, ma notando Phere in lacrime si fermò di colpo. Galadriell si girò guardandola, e la invitò ad unirsi a loro. Nuku, scossa e al contempo arrabbiata per quello che doveva essere successo all'amica drow, la pregò di raccontarle tutto. "Stavo raccontando a Galadriell quello che mi è successo tanto tempo fa... quando il mio fidanzato è stato ucciso dai seguaci di Lolth" spiegò Phere a Nuku, che rimase senza parole. Nuku non ne sapeva niente di questa storia... non sapeva neanche che Phere fosse innamorata!
Ma Phere continuò a raccontare la storia: "Dopo il giuramento a Keremath sono scesa nel sottosuolo più e più volte per cercare un rimedio alla maledizione. Ho ucciso tutti gli elfi scuri che mi hanno aggredita per via del mio simbolo sacro... ho staccato centocinquanta teste in tutto. Ma nel sottosuolo non ho trovato nulla. Allora mi sono recata al monastero Shaolin, sulle montagne, per chiedere aiuto ai monaci, ma neanche loro hanno saputo darmi una soluzione. Allora ho cercato nella biblioteca di Solace, ma neanche lì ho trovato qualcosa di utile. Sto cominciando a perdere le speranze..." disse con la voce rotta dal pianto. "Phere – iniziò Galadriell – noi siamo tue amiche e ti aiuteremo in questa ricerca. E sono sicura che non ti sarà negata la felicità che ti meriti accanto ad Alley". Detto questo le tre amiche si strinsero e poi, per tirarsi su il morale, si tuffarono nel lago.


Parte II

San Leo, piccolo paese poco a nord di Scornubel, nel Faeruun. Fleya Despana, appena finito di celebrare con gli altri fedeli i riti del Venerdì notte, si era chiusa nel tempio di Eilistraee in preghiera. Era in ginocchio, con lo sguardo rivolto verso l'alto e le braccia lasciate penzoloni lungo i fianchi del corpo, in cerca dell'illuminazione della Dea. Ripuliva il suo spirito con la preghiera, nel continuo tentativo di somigliare sempre di più alla divinità, uniformando la propria volontà con la sua, ed al contempo di distaccarsi sempre di più dalla materialità. Il suo percorso spirituale era giunto ad un punto tale in cui non avvertiva più i morsi della fame ed i tormenti della sete: aveva rimosso con successo anche questi altri due ostacoli sul proprio cammino di perfezionamento. Ma riguardo questo particolare, si era ben guardata dal farlo sapere agli altri fedeli. In quei momenti, la sua anima vagava per tutti i mondi, oltre lo spazio ed il tempo, al di là di questa terra, attraverso luoghi che i mortali, grazie all'intervento degli dei e dei sacerdoti, riescono a malapena a saperne l'esistenza.
"Che ci fai qui?" disse ad alta voce Fleya... ma non c'era ancora nessuno nella stanza con lei. Qualche istante dopo, la porta della stanza si aprì rapidamente. Fleya – o meglio, il suo spirito – ritornò su questa terra... dopo l'esperienza mistica provata, non si sentiva a proprio agio nel trovarsi di nuovo in un mondo materiale. Phere entrò nella stanza, trovandosi al cospetto della sua maestra che non vedeva da circa tre mesi. La trovò... cambiata. Era più pura, più cristallina... non aveva alcuna ambiguità, nessuna caratteristica tipica di un mortale... era più vicina ad una creatura celeste, in quell'istante, che ad una mortale. Ma un istante dopo, Fleya sembrava di nuovo l'elfa scura di sempre, seria ed imperturbabile, composta e nobile più di ogni altro. La Gran Sacerdotessa era più alta di Phere e più muscolosa di lei, ma mancava di quella delicatezza e di quella passione propri della sua discepola anche se, in effetti, queste sono caratteristiche tipiche dei giovani e non delle persone mature.
"Perché sei venuta da me, dopo tanto peregrinare e tanto tormento, figliola? Quale paura ti affligge? Riesco da qui – già prima di incontrarti lo vedevo – a percepire il tuo travaglio. Tarda è l'ora, ed il tuo amore soffre, e solo ora hai l'umiltà di chiedermi aiuto. Hai forse dimenticato i miei insegnamenti? Hai ceduto all'amore, e questo ha indebolito la tua fede. Non sei stata in grado per molto tempo di distinguere cosa potesse giovare alla Madre e cosa le fosse invece sgradito. I nostri precetti, li hai violati. La nostra missione, talvolta ignorata. Rispondi ora – Phere era senza parole – alla mia domanda: perché sei giunta soltanto adesso, anche se già in precedenza ti eri resa conto di non essere in grado, da sola, di liberare l'anima di Alley?" Phere non aveva parole: mai la sua maestra era stata tanto severa con lei. Fleya aveva sicuramente sviluppato nuove doti di veggenza, che le permettevano di sapere cosa fosse accaduto a Phere durante quel periodo di assenza. Sapeva di Alley, sapeva cosa gli era accaduto, sapeva anche che la sua anima era bloccata, e sapeva sicuramente anche un rimedio per l'accaduto. Ma quello che aveva detto fino a quel momento, era vero. Era tutto vero: per pensare al resto della sua vita con Alley, Phere infine si era allontanata dal cammino di fede... "Da quanto tempo oramai non parli più la nostra lingua? Molto direi. Qual è stata l'ultima volta che hai celebrato una messa? Risponditi da sola." La voce di Fleya cambiò: da severa e forte, ad amichevole e dolce. "Per fortuna mia cara sei giunta appena in tempo. Hai ancora tempo... tempo per salvare la sua esistenza. Ma il tempo è poco ormai: raduna le persone di cui ti fidi e con cui desideri viaggiare, fallo al più presto, e recati sul monte Gagazet. Lė dovrai prendere un fiore... un tulipano che cresce nel ghiaccio e nella neve, segno della vita che può battere la morte, del calore dell'amore che può vincere il gelo della maledizione di Lolth. Devi prendere il tulipano Enerum. Se offrirai quel fiore, segno di vita, alla Mietitrice che custodisce le anime dei morti nelle terre di Silmaril, potrai liberarla dal comando impostole da Lolth che impedisce ad Alley di tornare alla vita."
Phere era ammutolita. Non aveva detto neanche una parola, eppure Fleya le aveva già detto cosa doveva fare. Ma le parole precedenti le pesavano sulla coscienza come un macigno. Da mesi ormai non pronunciava una parola in drowish e non celebrava una messa da altrettanto tempo. L'amore aveva davvero minato la sua fede, che riteneva prima di allora incrollabile. Una lacrima le scese sul volto. Non era andata ancora a salutare i suoi genitori e la sua famiglia... "e non andarci. Sarebbe un inutile impiccio" disse Fleya leggendole nel pensiero. "Passerai qua la notte – continuò – dormirai al tempio e nessuno ci disturberà. Togliti questi vestiti logori, non fanno altro che renderti brutta. Seguimi" e la condusse nel dormitorio. Le diede gli abiti propri di una sacerdotessa, i lunghi vestiti di lino bianco e le consegnò un simbolo sacro che teneva appeso al muro. Quindi entrambe ritornarono, senza dirsi nulla, di fronte all'altare. "Vogliamo pregare insieme?" chiese Phere con un filo di voce. Furono queste le prime ed ultime parole che rivolse quella sera a Fleya. "Sì – le rispose l'amica e maestra – poiché non lo facciamo da molto tempo ormai. Hai molte cose di cui chiedere perdono. E' tempo di cominciare a farlo. Non temere per quello che ti accadrà... Eilistraee ti considera sempre una sua figlia. Chiedile perdono come facevi da cucciola con SiNafay, e vedrai che ritornerai sulla retta via". Si guardarono un attimo, quindi si inginocchiarono entrambe. "Dos ust sussun, Dos orhtae ilhar..." cominciarono a pregare, e continuarono per molte ore. Phere aveva molte colpe da espiare, per ritornare all'ardore e al fervore di un tempo, ma Eilistraee è una dea misericordiosa, che sa perdonare le proprie figlie dei loro peccati.
L'indomani un raggio di sole colpì Phere negli occhi, destandola dal lungo sonno. Si alzò dal letto, si segnò, e vide che Fleya si era già alzata. Andò nella stanza dell'altare e lì trovò Fleya che l'aspettava. La Gran Sacerdotessa aveva con sé alcuni oggetti davvero interessanti. Una corazza di scaglie nera, di adamantine, creata dagli elfi scuri del sottosuolo ma evidentemente in grado di resistere ai raggi del sole senza danneggiarsi. Uno scudo della medesima fattura era appoggiato sull'altare, nero e lucente, ricoperto di sottili scaglie metalliche. Fleya teneva in mano una spada davvero meravigliosa: era forgiata in argento, affilata come e più di un rasoio, che risplendeva di luce propria, una calda e morbida luce bianca, proprio come quella della luna. Il fodero era un pelle di drago bianco con un diamante azzurro incastonato proprio sotto l'elsa... una vera opera d'arte, insomma. "Questa – iniziò Fleya – è l'armatura e lo scudo che portavo quando ero ancora giovane, e viaggiavo come ora fai tu in onore della nostra Madre. Non ne troverai di migliori, te l'assicuro. La spada... oh, questo è davvero un oggetto di valore. Si chiama Quarval'ishtan, ed è stata creata in una notte di luna piena, durante la quale furono offerti in sacrificio ad Eilistraee tre cuori di drago, e Lei in persona l'ha benedetta. Sono rare le armi più potenti ed altrettanto eleganti e raffinate. Queste saranno le tue nuove vesti e le tue nuove armi, adesso che ti accingi a compiere un'impresa dalla quale dipende non solo il tuo avvenire, ma anche quello di Alley e di Keremath – sapeva anche di lui! – e di... chissà quanti cuccioli – sorrise – avrete, se avrai successo". Mentre parlava, Phere indossò tutto il nuovo equipaggiamento, che le calzava a pennello.
Dopo poco, Fleya consigliò a Phere di partire all'istante e la giovane acconsentì. Pronunciando poche parole magiche e con un gesto della mano, aprì un portale magico che la fece arrivare dinnanzi alla sua amica Galadriell. Le spiegò velocemente quello che aveva saputo da Fleya ed insieme si recarono da Nuku. Quando arrivarono dall'amica umana, questa era in compagnia di Sabo e di Math, Augustus della ASS. Tutte persone che Phere conosceva bene, e che le erano molto amiche, e che le volevano bene. Phere guardò tutti loro negli occhi, e si apprestò a chiedere loro aiuto.
"Io... ho saputo... come posso liberare Alley dalla sua maledizione che gli impedisce di ritornare in vita. E per questo – Phere aveva la voce rotta dall'emozione – ho assolutamente bisogno di voi. Da sola non posso farcela." Nuku stava per dire qualcosa, ma Math la fermò. Voleva sapere prima tutta la storia, e poi sarebbe intervenuto. Phere fece un riassunto di quello che era accaduto ad Alley e di ciò che aveva fatto fino a prima di parlare con Fleya per resuscitarlo, e quindi cominciò a raccontare gli ultimi eventi. "Sono stata oggi dalla mia maestra, nelle mie terre, per chiedere consiglio anche a lei. E finalmente mi ha detto quello che devo fare. Devo recarmi sulla cima del monte Gagazet, per prendere un tulipano ed offrirlo alla Mietitrice affinché permetta ad Alley di oltrepassare la porta del Purgatorio e resuscitare. Il viaggio sarà lungo e pericoloso, ed il tempo ormai stringe: tra poco, il fiore appassirà e le nostre speranze di salvare Alley saranno vane." Li fissò ancora per un istante tutti negli occhi. Quindi, formulò la domanda definitiva: "Verrete con me? Mi aiuterete, adesso che ne ho assoluto bisogno? Non vi nascondo che potremmo non tornare..." non fece in tempo a completare la frase che Nuku l'abbracciò, stringendola forte a sé. "Io verrò di certo, mia cara amica" disse l'umana dal profondo del suo cuore. "Non ti lascerei mai proprio ora" concluse. La stessa reazione ebbe anche Galadriell, che subito strinse sia Nuku che Phere tra le sue braccia. Math e Sabo si guardarono negli occhi: avevano già capito che non c'era verso di separare le tre amiche, e che avrebbero sicuramente accettato anche loro, non soltanto per aiutare Phere, a cui entrambi volevano bene, ma anche per proteggere tutte e tre dai pericoli che sicuramente avrebbero incontrato. Fu così che il gruppo di eroi decise di partire la mattina seguente alla volta del monte Gagazet.








[ Entrata ]   [ Gioca ]   [ Mappa ]