Passeggiando nella cittadina di

Silmaril
I Racconti

Una morte ineluttabile

di
Romilda Mac Aran


mi affacciai al parapetto merlato del castello dei Mac Aran scrutando l'accampamento di guerrieri che stazionava ormai da tre mesi sotto il nostro castello, persino i servitori si erano abituati alla loro costante presenza. Si i servitori si erano abituati, ma non io.
Non mi ci abituai mai.
Ondate di nevischio mi disturbavano la visuale e facevano sbattere il mio mantello come la vela delle grandi navi del mare di Dalerouth.
Sospirai.
Perché quegli uomini erano lì? Che cosa gli avevamo fatto di male, oltre al nascere "diversi"? Gli Elfi non avevano e non hanno mai fatto nulla di male alle altre razze, ma allora perché tanti ce l'avevano con noi?
Potevo capire che ce l'avessero con me, in fondo gli umani erano le mie prede più frequenti, oltre che le più facili, ma mi ero tranquillamente offerta e loro avevano rifiutato l'accordo asserendo di dover sterminare tutti gli Elfi e i mezz'Elfi per il bene della terra.
Per il bene della Terra!
Ma si può inventare scusa più infondata? Gli Elfi sono i protettori della terra!
Diedi le spalle all'accampamento e mi ritirai all'interno del palazzo; l'inverno stava arrivando e avrebbe convinto quegli uomini ad andarsene. L'inverno non perdona sui Kilghard.
Scesi di fretta i gradini di pietra, se ci ripenso adesso mi chiedo come facevo a non cadere; erano ripidi e perennemente coperti di neve o ghiaccio perché le grandi finestre non riuscivano a tenere fuori le violente bufere che si gettavano sulle nostre mura.
In ogni modo, non sono mai caduta e quel giorno in particolare anche se fossi caduta non me ne sarei accorta.
Mi avviai di fretta verso lo stanzone centrale, verso la mia madre adottiva, Domna Larissa Mac Aran: la Signora dei draghi.
Attraversai le due stanze riservate ai servitori e la stanza Verde, riservata alla riflessione, fino ad arrivare nella stanza Rossa: studio privato di Larissa.
Orix mi accolse con un grugnito, non ha mai amato l'inverno.
Povero vecchio Orix! Fedele Orix, dolce Orix... ma è inutile pensare al passato; Orix l'ultimo dei draghi rossi è morto e nulla può farlo tornare da noi che lo amavamo.
La mia madre adottiva e zia naturale mi accolse allo stesso modo di Orix, troppo assorta nel lavoro per pensare a me.
La salutai e le diedi le notizie quotidiane del castello - Callina ha partorito e Mikhail, per la felicità, ha regalato una colomba a Pièveloce - Larissa mi ascoltò con poca attenzione poi mi fece una domanda che mi aspettavo - Sono ancora là? -
Annuii e vidi lo sguardo della Signora. Fu la cosa che mi spaventò di più in quel giorno di Tenebre, lo ricordo come se fosse ieri anche se ricordo in modo meno intenso quello che provai, una sorta di shock, credo.
Provai a convincerla, ma non si possono convincere gli altri se non si è convinti noi stessi, e io non ero convinta che l'inverno dei Kilghard avrebbe cacciato gli uomini. Comunque non ci fu mai modo di scoprirlo.
Mi portò in una stanza segreta, di cui nessuno conosceva l'esistenza, e mi diede la cosa che sto cercando ancora adesso, la cosa che mi ha convinto a riprendere la mia antica attività, che avevo abbandonato dopo che ero stata accettata dalla famiglia di mia madre, la cosa che mi avrebbe segnato per sempre.
Mi diede un uovo.
Ma non un uovo qualunque, mi diede un uovo di drago blu.
Cercai di convincermi che lo avrebbe fatto lo stesso, ma sapevo che me lo aveva dato perché io lo salvassi, perché ormai il Feudo dei Mac Aran era spacciato e io dovevo portare in salvo quell'unico uovo.
Mi spiegò quel giorno che quell'uovo racchiudeva tutta la sua vita perché lei aveva usato tutta la sua vita per trovarlo e adesso non avrebbe sopportato che finisse nelle mani di un umano.
Ora so che alcuni umani possono essere dolci e sensibili, allora li vedevo solo come dei mostri senza cuore e trovavo orrido che una cosa importante come un uovo di drago potesse finire nelle loro mani.
Cercai disperatamente di evitare l'incarico, alla fine fui però costretta ad accettarlo, nel nome di mia madre Malliana che morì nel mettermi alla luce, nel mettere alla luce la figlia di un uomo e di una nobile di una casata elfica.
Mia madre era la sorella di Larissa e quindi ero in debito con mia zia, non potevo rifiutarle un favore; e comunque le promisi che glielo avrei restituito appena gli uomini se ne fossero andati.
Fu allora che mi convinsi che non avevamo più speranze - Romilda, gli uomini non possono andarsene, il mondo, la terra è loro ormai -
Mi sentii sprofondare.
Quella notte i guerrieri umani ci attaccarono. Ci colpirono con il favore delle tenebre e distrussero il nostro portone principale, sciamando nel palazzo come un'invasione di mortifere locuste.
Io mi battei per lungo tempo insieme agli uomini di mia zia, ma eravamo in proporzione sei a uno; non potevamo vincere.
Ad un certo punto pensai che potevamo ancora farcela quando vidi Larissa volare alla battaglia insieme ad Orix, ma fu una speranza vana. Gli arcieri acrobati, il cardine dell'esercito umano, li abbatterono.
Fu il segno della nostra fine.
Fui presa prigioniera e rinchiusa nelle stesse segrete del mio palazzo, scoprii dopo che non mi avevano ucciso perché a guidare l'assalto era stato mio padre.
Non so cosa volesse da me, e non lo scoprii mai.
In fondo non era una cosa che m'interessasse.
Fuggii e portai insieme a me l'uovo che mi era stato affidato e che gli umani non avevano classificato come "roba di valore".
Che sciocchi! In ogni modo, scampai alla morte o alla prigionia, ma ero sconvolta e non avevo una meta precisa.
Vagai... non so quando riuscii a riformare un pensiero coerente, e fu quello di andarmene da questo mondo, da questa vita.
Fu allora che vidi risplendere qualcosa in lontananza. Mi avvicinai, incautamente, e vidi un vortice che spandeva bagliori dorati a che esercitava una strana forza d'attrazione.
Mi lasciai andare a fui trascinata via fino ad arrivare, stordita, inerme e confusa in una strana stanza bianca e rilucente. Fui accolta bene da persone che mi amarono e che mi amano tuttora, ma scoprii che l'uovo non era con me.
Probabilmente il vortice, riconoscendolo come creatura vivente, lo aveva portato in un luogo più adatto al suo sviluppo ma io dovevo ritrovarlo e dovevo esser certa che nessuno lo avesse trovato prima di me.
Così entrai a Silmaril e ripresi la mia attività di ladra, anche se ora finalizzata ad uno scopo più nobile, e cominciai a cercare nei meandri di quello strano mondo l'unica cosa che davvero m'interessasse, vagando e cercando nei luoghi dominati dalle tenebre come nei luoghi dominati dalla luce di quello strano e sconosciuto mondo che aveva deciso d'accogliermi...








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